L’immaginario collettivo su questa terra è spesso contaminato da storie di mafia e malaffare, e i media fanno la loro parte dal momento che fa più audience la cronaca nera che la cultura. Quindi meglio ricordare che la Sicilia è invece una delle regioni italiane che più eccelle in tesori artistici, culturali, paesaggistici e non di meno gastronomici.
La Sicilia infatti, al Centro del Mediterraneo, è multiculturale anche in cucina, e se pensiamo poi al suo clima fantastico che dona ad ortaggi e frutta sapori intensi, per non parlare delle olive e delle uve da vino pregiato, così come per le particolari fragranze che raggiungono le erbe aromatiche, beh capite bene come mai davanti ai piatti tipici non potete rimanere delusi.
Terra ricchissima di tutto e di più, perciò anche se hai un programma mirato e ti sposti velocemente, hai costantemente la certezza di perderti qualcosa di importante per strada, e anche una settimana, come è capitato a noi, vola via in un attimo.
L’occasione si è presentata all’inizio di settembre e la ragione era quella di raccogliere informazioni sulle novità di interesse turistico a Palermo in particolare e su una road map del barocco siciliano, nella parte quindi a sud-est dell’isola; il barocco si concentra quasi tutto là, frutto della ricostruzione a seguito del terribile terremoto della fine del XVII secolo.
Per ovvi motivi mi limiterò a raccontarvi le esperienze legate al cibo, partendo da Palermo e che a più di dieci anni dalla mia ultima visita mi ha sorpreso per una nuova energia che emerge dal sociale soprattutto fatto da giovani con tanta voglia di cambiare le cose. Ci ha aiutato in questo Pietro Muratore, conducendoci per mano a conoscere la realtà ALAB, Associazione Liberi Artigiani Balarm, di cui è fondatore, e che riunisce artigiani, artisti, studenti e creativi, per lo più giovani in uno “spazio” culturale dove vengono promosse iniziative di scambio e incontro sul tema della difesa della tradizione artistica e artigianale locale. Adesso l’associazione ha anche una sua sede in centro, ma la sua forza sono senza dubbio i laboratori che giovani artisti e artigiani sono riusciti in pochi anni ad aprire con l’aiuto di ALAB, trovando così lo spazio per poter lavorare e comunicare il loro progetto, e contribuendo in tal modo anche a ridar vita a strade del centro storico ancora parzialmente in abbandono. E mentre i laboratori crescono di numero, si sviluppa la rete di consapevolezza che questa può essere la strada giusta. Non entro in dettagli sui protagonisti, dei quali vedete alcune immagini, e vi rimando per approfondimenti a consultare il sito dell’associazione.
Ma il racconto entusiasmante di Pietro con il quale abbiamo passato molte ore, è stato inevitabilmente interrotto da piacevoli soste a tavola. Ed è con lui che abbiamo avuto il piacere di conoscere il Bisso Bistrot, ai Quattro Canti, che più centrale non si può. Tanto di cappello alla famiglia Bisso, ristoratori da più di vent’anni a Palermo, per aver aperto questo locale all’inizio di quest’anno, con il sostegno di Addio Pizzo e della Palermo democratica, dopo aver dovuto abbandonare la vecchia sede a causa di ripetute intimidazioni mafiose. La cucina, ottima, è fatta di piatti tradizionali interpretati da mani esperte, come le polpette di sarde, la caponata, la pasta ai tenerumi, gli spaghetti con il nero, e così via. Il locale è piacevole sia a pranzo che a cena, frequentato da molti giovani, varia la scelta dei vini e soprattutto contenuti i prezzi … non perdetevelo!
E sempre a proposito di nuove energie, andiamo ad incontrare Marco, trentenne palermitano che stanco della vita da insegnante precario si è inventato un nuovo lavoro: se andate sul sito di Streat Palermo vi viene già voglia di mettervi in viaggio. Lui è partito quest’anno ed già è travolto dalle richieste di turisti italiani e stranieri. Streat Palermo è un avventuroso tour guidato nella street food più verace della capitale, articolato in racconti divertenti e degustazioni sfiziose attraverso gli storici mercati del Capo e Vucciria. Abbiamo conosciuto sapori e aneddoti intorno a frittola, alle migliori arancine, panelle e cazzilli, e per finire con uno sfincione tipico, quella cosa che pare pizza ma pizza non è. A parte gioire dei migliori street food della città, Marco è davvero bravo a farti entrare nell’atmosfera giusta regalandoti anche divertenti pillole di storia di vita popolare. Già quando passi una intera mattinata nei mercati di Capo e Vucciria ti senti appagato dalle meraviglie esposte sui banchi, verdure fantastiche, i banchi delle spezie, il pane di Monreale, e per gli appassionati come me i banchi del pesce fresco e preparato, sì perché in alcuni ci sono anche tantissime preparazioni pronte da portar a casa e che vien voglia di provarle tutte.
Tempo scaduto, si parte in auto alla volta del Barocco. Attraversiamo l’isola, e dopo una sosta tecnica a Caltagirone, e un veloce passaggio da Enna, ambedue bellissime città che avrebbero da sole meritato molte più ore, raggiungiamo l’entroterra di Noto dove ci aspettava la nostra amica Anita nella sua Azienda Terre di Ritillini, una bella masseria circondata da olivi, mandorli e carrubi, e dove da poco sono pronti i primi alloggi per gli ospiti. Il luogo è strategico per la vicinanza a località turisticamente rilevanti, quindi non resta che organizzare il giro: Ragusa Ibla, Scicli, Modica, Noto … in tre giorni una bella corsa che rischiava di far saltare un tuffo nel bellissimo mare dell’Oasi di Vendicari, irrinunciabile e indimenticabile!
Siamo appunto nel cuore del barocco siciliano, dove è superfluo sottolineare la bellezza e la poesia che là si respira in ogni angolo, ma siamo anche nel paradiso delle scalinate e delle salite interminabili in cui ci si imbatte inevitabilmente visitando queste località, e sotto il sole ancora potente dell’inizio di settembre, vi potete immaginare… Vi segnalo ancora un paio di luoghi dove val bene la sosta, nonostante ce ne siano da quelle parti in quantità. Percorrendo le strade del centro di Ragusa Ibla arriviamo nella bella piazza Duomo dalla quale non convien uscire prima di aver provato Gelati DiVini, gelateria artigianale ed enoteca, dove, lo dice il nome, si possono gustare gelati al Moscato d’Asti, al Passito di Pantelleria al Brachetto d’Acqui, oltre ai gusti tradizionali con agrumi pistacchi e mandorle, o quelli con cioccolato e spezie ispirati dalle antiche tradizioni atzeca e maya. Vi consiglio poi, se passate da Modica di lasciare spazio nel vostro bagaglio, perché se entrate nella pasticceria e cioccolateria del Caffè dell’Arte, farete sicuramente la spesa. Qui nel loro laboratorio, oltre a produrre il tipico cioccolato modicano lavorato a freddo, buonissimo in tutti gusti da loro proposti, abbiamo fatto conoscenza con le ‘mpanatigghie, un dolcetto che se non ve lo dicono come è fatto non indovinereste mai, perché il ripieno è un impasto di cioccolato, mandorle, carne di manzo (!) e noce moscata, che ne garantisce fra l’altro la conservazione … incredibile quanto è buono! Nei pressi di Noto abbiamo anche visitato un agrumeto biologico dove le piante dei limoni sono dei veri e propri alberi e dove il limoni maturi sono verdi e non gialli. Beppe, il coltivatore ci ha parlato del suo lavoro, di come si coccolano le piante perché siano produttive, e di come fare ordini di questo e di altri prodotti dal consorzio di produttori di cui fa parte.
Ma alla sera stanchi del girovagare a caccia di notizie, era bello rilassarsi nell’aia della masseria di Terre di Ritillini (presto online) a cena in compagnia di Anita e del socio Lorenzo, palermitano e cuoco, che metteva in tavola piatti sfiziosi della tradizione isolana con del buon vino nel piacevole clima delle serate di settembre. L’ultima sera, con i saluti e la speranza di poterci presto ritornare, abbiamo avuto la fortuna di degustare la sua gustosissima caponata, e ancor prima quella di averlo aiutato a prepararla, perciò vi saluto con questo appunto preso là.
La caponata alla maniera di Lorenzo
Per 4 commensali: 400 gr di melanzane, 2 cipolle medie, 4 coste di sedano, 12 olive verdi siciliane, 30 gr di capperi sotto sale, 1/2 bicchiere di passata di pomodoro, sale, zucchero, aceto bianco, prezzemolo, olio e.v d’oliva.
Tagliate le melanzane a cubetti, salatele e mettetele in uno scolapaste per almeno mezz’ora in modo che perdano liquido amarognolo. Quindi in una padella con abbondante olio, friggetele e una volta dorate tiratele su e tenetele da parte in una recipiente rivestito di carta da cucina. Tagliate le coste di sedano a tocchetti di un cm circa e scottateli acqua in ebollizione e scolateli al dente. Schiacciate le olive con le mani su un tagliere per togliere i noccioli e tagliatele a pezzettoni. Tagliate la cipolla i 4 spicchi e poi a fette larghe mezzo cm e fatele rosolare per 5 minuti in una padella con 4 cucchiai d’olio, unite poi l’aceto e due cucchiai colmi di zucchero. Fatele stufare per altri dieci minuti aggiungendo poca acqua se tende ad asciugare troppo e proseguite la cottura a fuoco basso unendo il sedano, le olive, la passata di pomodoro, i capperi che avrete dissalato sotto l’acqua corrente. Amalgamate bene il tutto girando spesso per altri 10 minuti. Infine spengete la fiamma e unite le melanzane fritte e un ciuffo di prezzemolo tritato. Girate bene il tutto e lasciate raffreddare. Servite la caponata fredda accompagnata da un buon bianco secco di Sicilia.
E tenete presente che il giorno dopo sarà ancora più buona … se ci arriva!
Un poco delusa…niente tappa catanese per te…ma questo lascia aperta la porta ad un secondo raid in terra sicula. E ti assicuro che a tavola ci difendiamo alla grande! Intanto mi “arricrio” con questa bella caponata!
Figurati io sarei passato dovunque, non a caso il titolo dell’articolo … e non ho certo dubbi sulla cucina catanese. Non era il primo raid in terra sicula e non sarà neanche l’ultimo ci puoi contare! Grazie Marina, buona caponata e a presto!