Era da un bel po’ che non percorrevo la Chiantigiana, quella strada che collega Firenze con Siena in un paesaggio senza pari per la bellezza e per la saggezza umana di averlo saputo disegnare, dove vigne, oliveti e poetici borghi si alternano in un armonioso equilibrio con la natura.
L’opportunità è arrivata inaspettata grazie al Blog Tour Fonterutoli organizzato da AIFB, Associazione Italiana Food Blogger di cui faccio orgogliosamente parte, e al quale Tour da buon toscano ho aderito, fra l’altro avrei incontrato con piacere alcuni soci e conosciuti di nuovi. Il programma con l’ospitalità nell’azienda vitivinicola dei Marchesi Mazzei, era stato messo a punto dalla socia Elena Policella, che a Fonterutoli lavora nella comunicazione, e prevedeva la visita di vigneti e cantina accompagnati da chi tutti i giorni vive quelle realtà, e poi degustazioni e incontri ravvicinati con lo chef dell’Osteria del Borgo.
Un programma ricco che non lasciava spazio a dubbi, un’opportunità unica di conoscere da vicino una delle aziende storiche del Chianti, quindi decido di partire entusiasta ancor di più pensando che, vista la bella stagione, quella Chiantigiana me la sarei ripercorsa in motocicletta, altra mia grande passione, sicuro delle emozioni che quella strada sarebbe stata capace nuovamente di regalarmi.
Non farò un report didascalico punto per punto, cercando invece trasmettervi quelle emozioni e quelle preziose informazioni che quei due giorni scarsi, ma intensi, hanno saputo trasmettere a me. L’accoglienza di Elena e dell’azienda Mazzei tutta è stata davvero squisita e a loro va un sincero ringraziamento.
Al nostro arrivo abbiamo preso posto nelle belle camere della struttura e che si trovano in diversi edifici storici del delizioso borgo di Fonterutoli e invitati al pranzo di apertura nell’Osteria dove abbiamo avuto il piacere di conoscere un personaggio fondamentale nel programma: Lorenzo Baldacci il giovane chef fiorentino dell’Osteria. Fondamentale perché da foodblogger e cultori della buona tavola poter parlare e vedere di persona il lavoro di un professionista è ciò che più si può desiderare.
Ma il protagonista del Tour era indiscutibilmente il vino, e su questo vorrei spendere due parole. Nessuno dei presenti mi pare avesse una formazione tecnica sul vino, come del resto io, per poterlo giudicare al di là dei gusti personali, ma per me il vino è sostanzialmente fatto per essere bevuto, deve piacere oltre il fatto di essere un vino blasonato, per me un vino è di successo quando sul campo dà il meglio di sé, quando regge l’abbinamento, quando in tavola fa la sua parte con autorevolezza. Nonostante la mia modesta esperienza in vini, ne ho comunque assaggiati tanti e molti li ricordo, li ho tenuti a mente per il loro carattere particolare, o per il loro distinguersi dai suoi simili con decisione. Un esempio? Vado avanti col racconto e vi giuro che non è per piaggeria, ma da amante del Vermentino di Maremma, quello che era in tavola nel pranzo di benvenuto, tal Belguardo dei poderi maremmani dei Mazzei era veramente molto piacevole e ben si addiceva ai piatti di benvenuto di Lorenzo e che hanno aperto le danze all’Osteria di Fonterutoli: tartare di controfiletto su maionese di fagiolini e barbe rosse marinate al tartufo, gnocchi di patate al pesto di rucola e mandorle con battuto di pomodori e pinoli e polvere di olive nere, mousse di cioccolato fondente e crumble al pepe con panna cotta e pesche noci.
A seguito di questo meraviglioso avvio, in compagnia del Marchese Francesco Mazzei, in una mezz’ora poco più, tra le strade del borgo e la villa, viviamo una parentesi nella quale ci vengono in sintesi raccontati quasi 600 anni di storia, tanto per farci entrare nell’atmosfera di questa grande famiglia che già alla fine del 1300 con Ser Lapo Mazzei, considerato il padre del nome Chianti, aveva iniziato a produrre vino in quel di Carmignano. Particolarmente affascinante il racconto e gli aneddoti intorno all’archivio storico di famiglia ricco di documenti che testimoniano relazioni importanti: sulle costole di alcuni faldoni vediamo il nome dei Davanzati, Machiavelli, Vespucci!
E adesso tutti sul fuoristrada e via diretti in vigna, per fortuna la stagione non era ancora torrida e questo ci ha consentito di goderci il racconto di Serena e Riccardo che la vigna la coccolano tutto l’anno perché dia il meglio di sé alla vendemmia, nel rispetto di natura e tradizioni, e devo dire che i loro racconti al di là dei contenuti trasmettevano la grande passione che li tiene là dalle prime ore del mattino in tutte le stagioni. Abbiamo la possibilità quindi assieme a loro di visitare alcuni dei 117 ettari di vite di cui l’azienda dispone, e che vedono in tempo di vendemmia, impegnate circa 60 persone per un periodo di 3 settimane! Le informazioni per ovvi motivi anche qui sono sintetiche ma precise su questa meraviglia di pianta che è la vite e sul lavoro necessario perché rimanga in salute e sia produttiva, la distanza dei filari importante per la qualità perché c’è un equilibrio naturale tra la pianta e la quantità di nutrimento che il terreno riesce a dare, e poi la tecnica di concimatura detta sovescio, che prevede la semina tra i filari di varie leguminose che danno prima nutrimento al terreno e che dopo la crescita vengono tagliate e lasciate in terra per una pacciamatura naturale. E questi racconti ci preparano emotivamente ad entrare nel vivo della questione ovvero nel luogo dove avviene la vera e propria alchimia.
La cantina, da pochi anni realizzata su progetto dell’architetto di famiglia Agnese Mazzei, si trova in mezzo al vigneto immediatamente sotto il borgo ed è caratterizzata da una piazza formata dalle due ali dell’edificio, dove ci sono lo shop, gli uffici, la sala degustazione. Quindi tutte le funzioni principali si affacciano su questa piazza in modo da rendere partecipativo il momento più importante dell’attività, la vendemmia con il conferimento dell’uva alla cantina. Qui sulla piazza viene montata la macchina diraspatrice, dopo di che attraverso degli “occhi” sul pavimento l’uva viene fatta scivolare in tinaia direttamente dentro i tini in acciaio per la fase di fermentazione. Fase che dura dai 10 ai 20 giorni dopo di che il vino passa in affinamento in barrique dai 6 ai 24 mesi. Ma la cosa interessante di questo processo produttivo è che i diversi ettari di sangiovese, e che rappresenta il grosso della produzione, vengono vinificati tutti separatamente uno dall’altro e solo al termine del processo l’enologo Ferrini decide il blend finale in base alla qualità del risultato. Belle sia la Tinaia sia l’enorme cantina delle barrique e dei tonneaux, in totale circa 2500, realizzata a 15 metri sotto terra lasciando a vista una parete di roccia dove scorre acqua che crea splendide formazioni calcaree. Torniamo alla luce del sole, sempre guidati da Elena che ci conduce in sala degustazioni, del resto non potevamo certo finire la visita alla cantina senza questo fondamentale passaggio. Ci presenta tre dei loro vini, Fonterutoli, Castello di Fonterutoli Chianti Classico Gran Selezione, Mix 36. Dodici il primo e venti per gli altri due i mesi di affinamento in barrique. Tutti a base di uvaggio Sangiovese con il Mix 36 al 100% e realizzato con blend di 36 biotipi diversi e indiscutibilmente notevole per profumi e gusto. Sarà che a me piace molto il Sangiovese, per questo tendevo a premiare il Mix, ma devo pur dire che a questi livelli è ben duro fare classifiche.
La tavola e gli abbinamenti magari aiutano, pensavo … e infatti di lì a poco, dopo un breve break nelle proprie camere, eccoci di nuovo in compagnia di Lorenzo all’Osteria per la cena, dove ci delizia con Tonno di Coniglio con crema di peperoni gialli e rossi, insalatina e caprino, per me il piatto più interessante nonché buonissimo, e poi Ravioli di patate su crema di piselli con cipolle e croccante di prosciutto, Faraona su crema di ceci, spinaci e riduzione al vino rosso, Macedonia di finocchio, sedano e mela verde con gelato all’olio d’oliva.
Certamente più che soddisfatti di questa esperienza a Fonterutoli, la mattina seguente ci godiamo un bel regalo per noi foodblogger, una cooking class guidata da Lorenzo Baldacci con pranzo finale. Tre ore di puro divertimento e formazione in una atmosfera piacevole e dove Lorenzo ci trasmette con passione i suoi saperi. Ha pensato un menù che tutti insieme, chi su un piatto chi su un altro, collaboriamo a realizzare: Pan brioche con paté di fagianella e composta di arance amare, Risootto allo zafferano saltato con crema di pecorino, Frolla all’olio con composta di uva e mandorle e gelato alla lavanda. E mentre si costruiscono una dopo l’altra le tre portate del menù, si parla di esperienze, di ricette, di procedure, ci confrontiamo con Lorenzo su mille aspetti della cucina condividendo il fatto che in tutto ciò non esiste una regola assoluta, ma che i risultati sono sempre frutto di intuizioni guidate dall’esperienza, dall’appartenenza ad una tradizione di un territorio e soprattutto dalla voglia di sperimentare nuove frontiere del gusto.
Ed eccoci al congedo da Fonterutoli, dopo il gudurioso pranzetto costruito tutti assieme, in un caldo pomeriggio di sabato, contenti e con in testa tante cose in più di stimolo per andar avanti con il nostro impegno.
A me rimaneva ancora il piacere di una Fonterutoli-Firenze in motocicletta!