Lo so, sono stolti e non golosi quelli del famoso proverbio, ma si trattava anche di un’altra tipologia di riso, quello che sarebbe bene provare ad avere dalla mattina alla sera stampato sul volto, nonostante tutto. Già, ma poi sembreremmo stolti … boh, intanto pensiamo a quello in chicchi da cuocere.
Credo non esista alimento più popolare e conosciuto al mondo, praticamente una lingua universale, “parlata” in mille modi, risorsa vitale per molti, gioia del palato per tanti. A chi piace davvero tanto il riso, come a me, sa apprezzarlo anche semplicemente bollito, magari un filo d’olio buono, ma anche no, il riso ha un suo sapore unico, e al tempo stesso diverso nelle sue tante qualità. Io sono davvero un grande fan, al punto da preferirlo molto spesso al tradizionale se pur insostituibile spaghetto. Originario, Semifino, Fino, Superfino che declinate significano Balilla, Raffaello, Padano, Vialone Nano, Romeo, Ribe, Smeraldo, Rizzotto, Roma, Arborio, Carnaroli, Baldo … tanto per citarne alcuni, ma non voglio certo fare qui un trattato sul riso, esiste una letteratura infinita e se volete anche dalla rete come sempre sarete informati a dovere. Vorrei solo spendere due parole sul Parboiled, forse uno tra i più usati, perché tiene bene la cottura e non scuoce, così si fa sempre una buona figura; innanzitutto si deve dire, per chi non sapesse, che non è una qualità di riso bensì una lavorazione, parboiled significa infatti parzialmente bollito (partially boiled), ovvero un trattamento prima con vapore e poi lasciato essiccare, in parole molto povere. In genere ho letto che si tratta così la qualità Fino, ma di più non so dirvi neanch’io. Da molti viene usato per fare il risotto, perché appunto come dicevo poc’anzi, ci si può distrarre perché non scuoce neanche a batterlo nel muro, ma ahimè devo dirvi che non è assolutamente il riso adatto per questo uso. Per il risotto sono ideali i superfini come il Carnaroli, l’Arborio e il Roma tanto per nominare quelli che più frequentemente si trovano in commercio, perché hanno la caratteristica anch’essi di tenere bene la cottura, ma anche di rilasciare parte dell’amido che conferisce al risotto in questione quella giusta cremosità che lega i sapori e che un risotto degno di chiamarsi tale deve necessariamente avere. Lasciamo quindi al Parboiled il compito di farsi onore nelle insalate di riso che sono buone anche il giorno appresso conservate in frigo, sempre che gli altri ingredienti siano ovviamente accostati bene e di qualità, s’intende.
Con il riso si fa di tutto, risotti appunto, minestre, bollito per accompagnare secondi, o ripieno per i pomodori e poi timballi, supplì, perfino i dolci come frittelle e budini di riso. Insomma un alimento davvero trasversale.
Qualche anno fa mi sono imbattuto in un piccolo mercato biologico domenicale in quel di Dolceacqua, splendido paesino nell’entroterra ligure, provincia di Imperia, praticamente a due passi dalla Costa Azzurra, dove in un banco di un produttore, immagino delle zone vocate tra Pavia e Vercelli, c’era un enorme sacco di iuta ricolmo di riso integrale da agricoltura biodinamica. Era talmente bello a vedersi che da risodipendente non potei esimermi dall’acquisto di una bella scorta. Da allora quando ho un po’ di tempo in più da dedicare alla cucina (eh sì perché per la cottura serve circa un’ora!) me lo faccio, condito con un buon olio d’oliva e.v. e tutt’al più un po’ di parmigiano, un sapore inimitabile. Oh naturalmente non è più quello, figuratevi, durato pochissimo!
Tornando invece in zona risotti, per realizzarlo prediligo l’utilizzo del Carnaroli o dell’Arborio, ce ne sono fra l’altro di ottima scelta anche di produzione toscana, in Maremma per l’esattezza. E con che cosa ce lo facciamo un risotto in un’estate un po’ bizzarra, decisamente piovosa, caldo umida? Beh, non tutto il male vien per nuocere, nei nostri boschi si possono trovare grazie a questa coincidenza climatica, i primi funghi, quindi ecco il menù del giorno.
Risotto ai finferli al profumo di nepitella
Ingredienti per 4 risate: 350 gr di riso carnaroli, 200 gr di finferli, un mazzetto di nepitella (sono pieni i prati in questo momento!), due spicchi d’aglio e uno scalogno, due cucchiai di olio e.v. d’oliva, una noce di burro, un bicchiere di vino bianco secco, sale e pepe nero – per il brodo vegetale, una costa di sedano, una carota, una cipolla piccola e un po’ di prezzemolo, sale.
Fate bollire circa un litro e mezzo di acqua con la costa di sedano, la carota, la cipolla e il prezzemolo, salate e lasciate sobbollire per una mezz’ora per fare il brodo vegetale che serve per la cottura del risotto.
Pulite i finferli, se li avete trovati voi saranno un po’ terrosi. Tagliate la parte finale del gambo e con un pennello spazzolateli delicatamente sopra e sotto per portar via il terriccio attaccato, quindi tagliateli a fettine lasciando interi quelli piccoli. Fate un trito di aglio e scalogno e in una casseruola fateli imbiondire nell’olio d’oliva, quindi unite il riso e fatelo leggermente tostare a fuoco vivace per 2 minuti. Quindi versate il vino, fatelo sfumare e iniziate a versare due o tre ramaioli di brodo bollente (che deve stare sulla fiamma a sobbollire) per iniziare la cottura; aggiungete a questo punto anche i finferli e le foglioline di nepitella. Andate avanti così nella cottura aggiungendo brodo vegetale via via che il riso lo asciuga fino a quando il riso è al dente; quindi spegnete la fiamma, mantecatelo con la noce di burro, macinate sopra un po’ di pepe nero e copritelo per 2-3 minuti prima di servirlo nei piatti di portata. Come sapete con i funghi non si scherza, ma di vantaggio c’è che i finferli si distinguono molto bene da altre specie e soprattutto non ci sono funghi simili a loro ma velenosi.
In ogni caso, affinché il riso non vada in pianto, siate sicuri che siano davvero finferli!