Km zero. Dal nostro piccolo, un grande contributo

A che cosa vi chiederete. Sicuramente alla qualità della nostra tavola, perché “km zero” per noi che ci teniamo significa anche “di stagione”. Ma non solo come sapete. Km zero significa soprattutto contribuire a rispettare l’ambiente.

Non mi piace in genere fare dell’inutile catastrofismo, ma le notizie che ci giungono periodicamente sulla salute del nostro pianeta, non lasciano molto spazio al buon umore, e anche se, come sapete, esiste una scuola di pensiero che dice che certe notizie sono terroristiche e che il mondo ha tanta forza che neanche ci immaginiamo e che poi si aggiusta da sé, io sono invece sempre più propenso a credere l’esatto contrario, visto che di danni irreparabili è ormai certo che ne abbiamo già fatti. E gli effetti dei cambiamenti climatici dovuti a vari fattori come lo scioglimento dei ghiacciai, o alle deforestazioni tuttora in atto, sono sotto gli occhi di tutti in tutte le stagioni: proprio in questi giorni sulla rete la comunità di Avaaz.org sta lanciando l’allarme per la preoccupante accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai artici. Ma fra le cause del riscaldamento della nostra atmosfera, la prima è proprio l’inquinamento dovuto al consumo di combustibili fossili, che usiamo per riscaldarci, per mandare avanti le aziende, per spostarci con i mezzi privati e non, per spostare le merci. Ed è proprio il trasporto su gomma di persone e merci la principale causa di crescita del gas serra. Mi fermo qui che già basta, e anche perché abbiamo già un buon spunto di riflessione per tornare ai nostri argomenti gastronomici. Che necessità abbiamo di mangiare le pere in questo periodo se per averle dobbiamo farle viaggiare dal Sudamerica fino a qui? Ve lo immaginate quanto paga l’ambiente per ogni pera che mettiamo in bocca? E per una pera che facciamo arrivare dall’altra parte del globo e che troviamo a 2 euro e 50 il chilo, vi potete immaginare quanto viene pagato il produttore cileno o argentino? Se frequentate abitualmente la grande distribuzione sapete che non vi sto raccontando balle. Ma anche in altri punti vendita dove del prodotto non viene citata la provenienza, c’è da fidarsi poco. E allora che fare? Sembra apparentemente una guerra persa, ma nel nostro piccolo possiamo fare tanto. Viva quindi gli orti in città, fenomeno in crescita da anni, per diffondere di nuovo la cultura del prodotto di stagione e della coltivazione biologica; viva anche i Gruppi di Acquisto Solidali, che sostengono le produzioni locali di qualità anche sul piano economico consentendo di alleggerire i costi di distribuzione del prodotto; viva tutti i progetti a difesa della territorialità e che consentono ai produttori di fare rete e di acquisire quella forza comunicativa che è la chiave di volta per far crescere nel consumatore la convinzione che è bene sostenere il prodotto di prossimità, di stagione, come garanzia di qualità. Ovvio anche che il km zero è comunque un concetto non così stretto; anche le arance di Sicilia sono da considerare a km zero rispetto a quelle di provenienza spagnola, così come il pesce dell’arcipelago toscano per Firenze nonostante gli oltre 100 km, è da preferire a quello dell’Atlantico, figuriamoci ai gamberoni thailandesi! In chiave con questa filosofia è da segnalare lo svilupparsi sia sulla rete sia sul territorio di network di vendita di prodotti di qualità e biologici quali Campagna Amica promossa da Coldiretti e che ha un portale dove si possono cercare aziende, botteghe, agriturismo, gruppi di acquisto, mercati e perfino ristoranti, il tutto legato alla filosofia di un’agricoltura consapevole in diretto contatto con i cittadini. Perciò, come dire, basta darsi un po’ da fare, ma neanche poi tanto per dare il nostro importante contributo … e soprattutto acquistare ottimi prodotti!
A questo punto visto che nel frattempo, tra un acquazzone e l’altro, è arrivata anche l’estate, vi proporrò qualcosa di fresco, biologico, toscano e naturalmente sano!

Pasta estiva profumata a km zero

Ingredienti per 4 ospiti: pasta corta di grano duro tipo maccheroni gr 350, due grossi spicchi di aglio fresco, mezza cipolla di certaldo, un bel mazzetto di erbe miste fresche quali, salvia, rosmarino, finocchiello, maggiorana, timo, prezzemolo, una manciata di fiori di salvia, due cucchiai di pinoli pisani, gr 150 di pecorino toscano semistagionato, un grosso pomodoro cuore di bue, 4 cucchiai di olio e.v. di oliva, mezzo bicchiere di vino bianco secco, tipo Vermentino di Maremma.

In Toscana ci sono dei pastifici che fanno ottimi prodotti, sosteniamoli, forse spendiamo un poco di più ma vi assicuro che ne vale la pena. Va da sé che tutte le erbe le avete fuori casa o sul balcone, e se non è così procuratevele da un amico campagnolo.
Fate un trito di tutte le erbe, escluso il prezzemolo, assieme all’aglio e alla cipolla. In una larga padella lasciate rosolare dolcemente nell’olio di oliva per dieci minuti circa aggiungendo dopo 5 minuti il vino. Non fatelo evaporare del tutto e spegnete la fiamma. Unite adesso i pinoli, il pomodoro e il pecorino tagliato a piccoli cubetti, il prezzemolo tritato; regolate il sale e amalgamate il condimento. Cuocete la pasta al dente e una volta scolata unitela al condimento girando con fuoco acceso al minimo per due minuti al massimo. In fondo siamo in estate ed è gradevole mangiare la pasta non così calda, in questo caso oltretutto si percepiscono meglio i sapori e gli aromi.
Servitela nei piatti di portata aggiungendo su ciascuno qualche fiore viola di salvia … e buon appetito!

Manca solo un giro di olio a crudo, ovviamente delle vostre colline!

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